23 maggio 2012

VENTI


L'autostrada che collega Punta Raisi a Palermo, l'avrò fatta avanti e indietro almeno 50 volte nell'ultimo anno.
Alcune volte era sera e dormicchiavo, altre leggevo, altre ero a telefono, altre chissà dove guardavo. Certe volte però restavo più attenta all'altezza di Capaci, soprattutto tornando dall'aeroporto verso la città. Non c'è una volta che non abbia pensato a quanto siano brutte quelle colonne di granito rosso. Non che si potesse fare di meglio, su un'autostrada. Sicuramente molto meglio del semplice guard-rail dipinto di rosso del primo periodo.
Sicurissimamente molto, molto meglio della targa gialla dell'anas con le lettere adesive nere appiccicate a formare i nomi delle vittime, come se indicassero una deviazione del corso ordinario della nostra strada.
Però, in effetti, per quanto maestose e istituzionali siano quelle colonne gemelle ai lati dell'autostrada, sono proprio brutte.
Del resto
bruttissimo è stato quello che è successo in quei metri 20 anni fa. 
Io avevo quasi 11 anni, ero a Licata, un posto di mare, in macchina con mio padre, mia madre e mio fratello. Stavamo mangiando una vaschetta di riso al forno, una specie di arancina più ordinata. Abbiamo sentito la notizia alla radio, e io ho capito che doveva trattarsi di qualcosa di grave perché i miei si sono incupiti, intristiti.
Avevo quasi 11 anni, e come il resto della mia generazione in quel giorno ho perso la mia innocenza. 

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